lunedì 21 gennaio 2008

BASILEA 2 SEGNERA' LA FINE DI MOLTE P.M.I ?


SIAMO ORMAI IN PIENA BASILEA 2 E LA SITUAZIONE SEMBRA SFUGGIRCI DI MANO.IL FENOMENO SOPRATTUTTO AL SUD, DESTA NON POCHE PREOCCUPAZIONI, SOPRATTUTTO PER LA MAGGIOR PARTE DI PICOLE E MEDIE AZIENDE A CARATTERE FAMIGLIARE,  CHE SE NON RISPETTANO I LIMITI IMPOSTI DALL'ACCORDO INTERNAZIONALE, RISCHIANO DI CHIUDERE CON GRAVISSIME CONSEGUENZE PER LA NOSTRA ECONOMIA. SEGUITE UN PO' COSA DICE IL TRATTATO NELLO SPECIFICO:

Basilea 2 è il nuovo accordo internazionale sui requisiti patrimoniali delle banche, che entrerà in vigore all'inizio del 2007; l'accordo sostituirà l'attuale, definito come Basilea 1 ed operativo dal 1988. Con Basilea 2 le banche dei paesi aderenti all'accordo dovranno accantonare quote di capitale proporzionali al rischio derivante dai vari rapporti di credito assunti, valutati attraverso lo strumento del rating. Se i rapporti comportano maggiori rischi, dovranno essere effettuati maggiori accantonamenti, con la conseguenza che la banca dovrà sostenere maggiori costi. Le banche saranno costrette a classificare i propri clienti in base alla loro rischiosità, attraverso procedure di rating sempre più sofisticate. Il timore scontato è che l'applicazione dell'accordo possa tradursi in minor credito alle imprese più rischiose ed a tassi più elevati. 
E' quindi evidente la necessità che le aziende, ed in particolare le Pmi, pongano in essere fin d'ora politiche gestionali e di bilancio atte a rafforzare la propria struttura e la propria immagine per affrontare nel modo più sereno possibile "l'esame" dei rating bancari. Il fatto che Basilea 2 entrerà in vigore nel 2007 non deve far pensare che sia troppo presto per affrontare il problema; i gruppi bancari che ambiscono al riconoscimento più avanzato dell'accordo, il c.d. "Advanced Approach", che dovrebbe consentire i più rilevanti vantaggi sul piano regolamentare ed operativo, dovranno adottare il "conteggio parallelo" del nuovo e del vecchio accordo a partire dalla fine del 2005; ma per fare questo dovranno dimostrare di avere rispettato per almeno tre anni le disposizioni operative, strumentali ed organizzative. 
Il Comitato di Basilea 
Gli accordi di Basilea sui requisiti patrimoniali delle banche sono il frutto del lavoro del Comitato di Basilea, istituito dai governatori delle Banche centrali dei dieci paesi più industrializzati (G10) alla fine del 1974. I membri attuali del Comitato provengono da Belgio, Canada, Francia, Germania, Italia, Giappone, Lussemburgo, Paesi Bassi, Spagna, Svezia, Svizzera, Regno Unito e Stati Uniti. 
Il Comitato opera in seno alla Banca dei Regolamenti Internazionali, con sede a Basilea, un'organizzazione internazionale che ha lo scopo di promuove la cooperazione fra le banche centrali ed altre agenzie equivalenti allo scopo di perseguire la stabilità monetaria e finanziaria. 
Il Comitato non possiede alcuna autorità sovranazionale e le sue conclusioni non hanno alcuna forza legale. Le linee guida, gli standard, le raccomandazioni del Comitato sono formulati nell'aspettativa che le singole autorità nazionali possano redigere disposizioni operative che tengano conto delle realtà dei singoli Stati. In questo modo, il Comitato incoraggia la convergenza verso approcci e standard comuni. 
Nel 1988 il Comitato di Basilea introduce il sistema di misurazione del capitale comunemente chiamato Accordo di Basilea sul Capitale (Basilea 1). Ad esso hanno aderito, fino ad oggi, le autorità centrali di oltre 100 paesi. In sintesi, tale documento definiva l'obbligo per le banche di accantonare capitale nella misura dell'8% del capitale erogato, allo scopo di garantire solidità alla loro attività. 
L'accordo del 1988 presentava dei limiti di particolare rilevanza. L'8% di accantonamento può essere giudicato troppo per una controparte poco rischiosa e poco per una controparte giudicata rischiosa: la quantità di capitale assorbito era giudicata poco sensibile al rischio, e questo nonostante alcuni correttivi introdotti negli anni successivi. 
Nel gennaio 2001 il Comitato di Basilea ha pubblicato il documento "The New Basel Capital Accord" per definire la nuova regolamentazione in materia di requisiti patrimoniali delle banche. L'obiettivo era quello di giungere, attraverso il confronto con le autorità di vigilanza dei vari paesi ed una serie di indagini quantitative, ad un testo definitivo entro la fine del 2003, termine poi slittato al 2004, dato che dopo la riunione dell'ottobre 2003 sono pervenuti al Comitato 52 commenti da parte di istituzioni ed associazioni di categoria. 
Nella riunione del maggio 2004 si sono finalmente stabiliti tempi certi per l'intero processo, fissando entro la fine del mese di giugno del 2004 la pubblicazione della versione definitiva del nuovo accordo. A partire dalla prossima estate, quindi, i legislatori nazionali e sovranazionali avranno tutti gli elementi tecnici per discutere le nuove direttive e le nuove leggi nazionali. Probabilmente, l'Unione europea farà la prima mossa, introducendo le opportune integrazioni alla direttiva attualmente in vigore sui requisiti patrimoniali minimi delle banche. E' stato confermato anche che il varo effettivo dell'accordo comporterà un processo a due stadi, mentre inizialmente era prevista l'attuazione unica a partire dalla fine del 2006: le nuove regole riguardanti l'approccio standardizzato e quello cosiddetto di IRB (Internal Rating Based approach), che spetta di diritto alle banche più piccole e con una struttura meno sofisticata, entreranno in vigore dalla fine dell'anno 2006, mentre si è ritenuto che fosse necessario un altro anno di sperimentazione e di analisi d'impatto per i metodi più avanzati, quelli sui quali saranno tenute a misurarsi le grandi banche internazionali, le cui regole entreranno in vigore a partire dalla fine del 2007. 
I tre pilastri 
Il contenuto del nuovo accordo si articola su tre pilastri: 

1. I Requisiti patrimoniali minimi 
Si tratta di un affinamento della misura prevista dall'accordo del 1988 che richiedeva un requisito di accantonamento dell'8%. In primo luogo, ora si tiene conto del rischio operativo (frodi, caduta dei sistemi; misura in parte riveduta nel giugno 2002) e del rischio di mercato. In secondo luogo, per il rischio di credito, le banche potranno utilizzare metodologie diverse di calcolo dei requisiti. Le metodologie più avanzate permettono di utilizzare sistemi di internal rating, con l'obiettivo di garantire una maggior sensibilità ai rischi senza innalzare nè abbassare, in media, il requisito complessivo. La differenziazione dei requisiti in funzione della probabilità d'insolvenza è particolarmente ampia, soprattutto per le banche che adotteranno le metodologie più avanzate. 
2. Il controllo delle Banche Central
Tenendo conto delle strategie aziendali in materia di patrimonializzazione e di assunzione di rischi, le Banche Centrali avranno una maggiore discrezionalità nel valutare l'adeguatezza patrimoniale delle banche, potendo imporre una copertura superiore ai requisiti minimi. 
3. Disciplina del Mercato e Trasparenza 
Sono previste regole di trasparenza per l'informazione al pubblico sui livelli patrimoniali, sui rischi e sulla loro gestione. 

Sul documento originario di Basilea 2 sono state formulate numerose critiche che hanno portato a modifiche che, pur non cancellando i dubbi, dovrebbero attenuare le conseguenze negative attese dall'applicazione dell'accordo. Le conseguenze negative possono essere così riassunte: 

a) La discriminazione tra banche, dato che quelle piccole non potranno utilizzare le metodologie più avanzate e di conseguenza subiranno un onere patrimoniale maggiore rispetto ai grandi gruppi. 
b) La penalizzazione del finanziamento alle piccole e medie imprese (Pmi) indotto dal sistema dei rating interni. 
c) Il problema della prociclicità finanziaria, dato che nei periodi di rallentamento economico, l'accordo avrebbe l'effetto di indurre le banche a ridurre gli impieghi, a causa della crescita del rischio, con la potenziale conseguenza di inasprire la crisi stessa. 

Per quanto riguarda la relazione tra Basilea 2 e le Pmi è possibile osservare che legare con maggiore aderenza il fabbisogno di capitale al rischio sottostante ad un finanziamento, o ad un investimento, implica inevitabilmente che il prezzo di quel finanziamento, o di quell'investimento, divengano maggiormente sensibile al rischio implicitamente contenuto. In seguito al recepimento delle nuove disposizioni, il legame fra rating interno e pricing si farà più solido, più strutturato e più trasparente. Questa situazione potrebbe indurre un effetto di carattere restrittivo nei confronti di alcune tipologie di aziende, in quanto i prenditori di minore qualità creditizia (tipicamente le Pmi) vedrebbero peggiorare le condizioni loro praticate con un effetto di compressione della loro capacità di indebitamento e di revisione delle opportunità di finanziamento. In pratica, secondo molti osservatori, le banche sarebbero indotte a ridurre il credito destinato alle Pmi e ad aumentare al contempo i tassi di interesse. 
Le pressioni di Banca d'Italia e della Bundesbank, volte a difendere la specificità dei rispettivi sistemi economici caratterizzati dalla presenza di migliaia di Pmi, hanno portato ad una parziale revisione della bozza di accordo che prevede ora requisiti minimi patrimoniali ridotti per l'esposizione delle banche verso le piccole e medie imprese. Queste misure potranno ridurre, ma non eliminare l'impatto di Basilea 2 sulle piccole e medie imprese. A tal proposito, Reiner Masera, Presidente dell'Istituto Sanpaolo IMI, ha dichiarato che «La diffusione dei modelli di rating interno rappresenta pertanto un cambiamento di grande portata anche nel rapporto tra banche ed imprese, intervenendo nel ridefinire i confini dei rispettivi rapporti di relazione informativa ed operativa (...) Per le imprese di qualità media ed inferiore, il rating determinato dalle banche diventerà una variabile strategica per regolare il costo e l'efficienza delle proprie scelte di struttura finanziaria e di finanziamento degli investimenti, nonché uno strumento di valutazione delle possibilità di crescita e di diversificazione. Il rating potrà rappresentare un utile indicatore a supporto della definizione degli obiettivi di gestione per il management contribuendo ad una più efficiente politica del capitale. (...) Le strategie con cui le imprese affrontano questo ambiente competitivo non possono essere carenti sul piano finanziario. È necessario ricercare la continua coerenza tra struttura delle fonti e obiettivi più generali di crescita, innovazione e posizionamento di mercato. La finanza d'impresa assumerà pertanto un ruolo centrale, sovente decisivo quando siano in gioco anche le opportunità di crescita esterne. Ciò determinerà verosimilmente una maggiore importanza delle funzioni finanziarie all'interno delle imprese ed una maggiore attenzione alla programmazione delle risorse e dei processi di sviluppo. Si delinea un passaggio fondamentale per le imprese: la funzione finanza diverrà tanto importante quanto quella commerciale, organizzativa, tecnologica». 
Il rating bancario 
Il rating è associato normalmente alle agenzie internazionali come Moody's, Standard&Poor's o Fitch IBCA, che danno il "voto" sull'affidabilità finanziaria di uno Stato, o sulle emissioni di bond dei paesi emergenti, oppure su banche o grandi aziende quotate. Ma nei prossimi mesi anche le Pmi dovranno confrontarsi con questo termine. 
Letteralmente, rating significa "valutazione". Di conseguenza, l'operazione di rating comporta la valutazione della credibilità di uno Stato, di una emissione finanziaria, di un'impresa. 
Basilea 2 fissa solo le linee guida, lasciando ampio spazio alle banche ed alle autorità centrali di controllo del credito per quel che concerne le metodologie ed i processi che porteranno alla definizione del rating. 
Ogni banca potrà scegliere tra tre modalità di comportamento: 

• il metodo Standard Approach (livello minimo, obbligatorio). 

• il metodo IRB (Internal Rating Based approach) di base. 

• il metodo IRB avanzato. 

Lo Standard Approach non si discosta molto dal sistema attuale (Basilea 1), che prevede un accantonamento dell'8% a fronte di ogni impiego; tuttavia, viene introdotto un correttivo per legare maggiormente i requisiti patrimoniali al rischio derivante dagli impieghi; in pratica, alle varie attività dovranno essere assegnati dei coefficienti di ponderazione commisurati al rischio ed il Comitato propone di basare queste ponderazioni su valutazioni esterne della qualità creditizia (rating esterni forniti da Moody's, S&P, ecc.). Le ponderazioni consentiranno di ridurre gli accantonamenti di capitale per gli impieghi verso le aziende con rating molto buoni (AAA, AA, A, ecc.) e di maggiorare gli accantonamenti verso le imprese con i rating peggiori (CCC, D, ecc.), mentre per gli impieghi verso aziende con rating medi e verso aziende senza rating la ponderazione sarà neutrale (100%). Considerando il limitatissimo numero di aziende italiane che dispongono di un rating esterno, di fatto questo approccio non porterà particolari benefici alle banche, lasciandole sostanzialmente nella situazione attuale. Una ricerca di Unioncamere dell'ottobre 2003 ha effettuato una simulazione, esaminando i bilanci dell'esercizio 2002 di 7.860 imprese italiane. Il 65% si colloca nelle quattro classi centrali (BBB-, BB+, BB e BB-), parzialmente critiche. Il 14,99% ha una buona valutazione (singola A) e solo lo 0,02% può vantare la tripla A; oltre il 7% ha un rating peggiore (D). 
Quanto ai metodi IRB, l'adozione dell'approccio avanzato (c.d. Advanced Approach) dovrebbe consentire i più rilevanti vantaggi sul piano regolamentare ed operativo, nonché i maggiori benefici patrimoniali. 
In realtà, sulle scelte delle singole banche sarà determinante il ruolo di Banca d'Italia. 
Rainer Masera ha sottolineato che «La Banca d'Italia ha indicato di attendersi che tutti i gruppi bancari italiani con patrimonio tier 1 consolidato superiore a 3 miliardi di euro adottino gli approcci basati sui modelli interni». Anche se per il momento si tratta solo di ipotesi, è possibile pensare che i maggiori istituti punteranno fin dall'inizio al terzo livello e che le altre banche dovranno via via allinearsi almeno al secondo livello. 
I modelli IRB e le Pmi 
Il Comitato di Basilea 2 ha fornito soprattutto un quadro di riferimento, non regole dettagliate, quindi il metodo di calcolo del rating internamente da un istituto di credito potrà differire anche significativamente da quello adottato da un altro istituto, sia con riferimento agli elementi considerati, che al peso attribuito ad ognuno di essi. 
Secondo Torriero dell'ABI, i modelli IRB possono essere definiti come «Un insieme strutturato e documentabile di metodologie e processi organizzativi che permettono la classificazione su scala ordinale del merito di credito di un soggetto e che quindi consentono la ripartizione di tutta la clientela in classi differenziate di rischiosità, a cui corrispondono cioè diverse probabilità di insolvenza». Le imprese saranno quindi valutate, con riferimento alla rischiosità, vale a dire alla probabilità di insolvenza, sulla base di una scala ordinale di merito ed attraverso l'utilizzo di metodologie e di processi organizzativi idonei (ed approvati da Banca d'Italia). 
Secondo le indicazioni previste dall'accordo, per poter utilizzare i metodi IRB, le banche dovranno dimostrare di avere adottato l'uso interno dei modelli da almeno tre anni. Per questo, già nel 2003 si sono avuti almeno i primi tentativi di definizione di metodologie e processi. 
Segnalata quindi l'ampia discrezionalità di cui godranno le banche per definire i propri metodi IRB, quali elementi di valutazione utilizzeranno in concreto le banche? Attualmente, è possibile identificare diverse classi di elementi: 

1) Caratteristiche proprie dell'azienda, come la capacità storica e futura di generare liquidità, la struttura patrimoniale, la flessibilità finanziaria, la qualità dei ricavi, la qualità e la tempestività delle informazioni, del management, della posizione nel settore, ecc. 
2) Caratteristiche ed andamento del settore in cui opera l'azienda; si tratta di informazioni legate al settore, al mercato in generale ed al mercato locale. 
3) Andamento del rapporto "banca/azienda"; si tratta di tutti quegli elementi che la banca può desumere dal rapporto storico con l'azienda cliente (utilizzo degli affidamenti, sconfini, insoluti, ecc.). 
4) Andamento del rapporto "azienda/sistema bancario" (dati desumibili dalla Centrale dei Rischi e da strumenti analoghi). 

Come si vede, le aziende hanno molti elementi su cui lavorare per evitare di giungere impreparate all'appuntamento con il rating. Non solo dovranno adoperarsi per migliorare la propria struttura finanziaria e patrimoniale, ma anche la quantità, la qualità e la tempestività delle informazioni verso l'esterno. 
Le caratteristiche quali-quantitative sopra indicate saranno fondamentali per il processo di valutazione della clientela da parte degli istituti di credito. E' possibile affermare che gli aspetti quantitativi avranno un peso rilevante, in considerazione del fatto che essi sono più oggettivi e verificabili, specialmente per le Pmi. Gli aspetti qualitativi avranno un peso significativo nella valutazione di aziende molto piccole, ma saranno sempre in secondo piano rispetto ai "numeri" - ai fondamentali - dell'azienda (volendo azzardare l'attribuzione di un peso percentuale, è possibile affermare che gli aspetti quantitativi potrebbero pesare per il 75% circa, mentre quelli qualitativi per il 25% circa). 

ATTENDO VOSTRE CONSIDERAZIONI IN MERITO

MOSCHITOS

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